Sfogliando i vecchi album pieni di fotografie, inevitabilmente mi soffermo a guardare quelle
che mi ritraggono a fianco dei miei nonni. Subito nella mia mente riaffiorano molti ricordi. Guardo il mio volto sorridente e penso che a loro devo molto: sono sempre stati il mio punto di forza, mi hanno insegnato ad andare avanti senza mai arrendermi e a pormi obiettivi sempre più alti sia nella vita sia nello sport. Sono stati i miei nonni a spingermi a giocare a pallavolo. Questo sport ha forgiato il mio carattere, mi ha portato a essere quella che sono oggi. Soprattutto mi ha insegnato a non arrendermi mai.
C’è un episodio che più di altri esprime quello che la pallavolo significa per me.
Avevo circa undici anni. Era una delle mie prime partite. Avevamo giocato male e avevamo perso. Il giorno successivo, all’allenamento, eravamo tutte demoralizzate. Il mio allenatore, vedendoci così, ci radunò per parlarci. Ricordo che ci disse che non avrebbe più voluto vederci così, che dovevamo reagire ma soprattutto che la pallavolo non è uno sport per tutti, ma solo per chi ha voglia di lottare e migliorare per tornare in campo più forte. Dopo il suo discorso compresi che quello era lo sport che faceva per me.
Con il tempo ho capito che avrei voluto fare la stessa cosa che il mio allenatore aveva fatto con noi, ovvero far amare questo sport ai bambini che prendono per la prima volta una palla in mano. Così sono diventata allenatrice. Questa esperienza, oltre ad essere molto gratificante e ad aiutarmi ad avere fiducia in me stessa, mi ha portato a capire cosa voglio fare da grande: stare a contatto con i bambini insegnando loro qualcosa. Infatti, finiti gli studi superiori, mi iscriverò all’Università di Scienze della formazione primaria, per diventare maestra elementare o della scuola dell’infanzia. E nel frattempo continuerò a giocare e ad allenare, perché so che queste due attività hanno ancora molto da insegnarmi.