In my room there’s a bed.

In my room there’s a wardrobe.

In my room there’s pictures framed on the wall.

 

My room is a part of myself;

It’s a world I know like the back of my hand.

 

Were someone to blindfold me,

And ask me to find my way around,

I’d do so, without the slightlest difficulty.

As long as nothing changes,

having my eyes closed makes no difference.

 

Because in this room

I know how everything looks.

Nella mia stanza c’è un letto.

Nella mia stanza c’è un armadio.

Nella mia stanza ci sono foto appese al muro.

 

La mia stanza è parte di me;

E’ un mondo che conosco come il palmo della mia mano.

 

Se qualcuno mi bendasse,

e mi chiedesse di ritrovare la mia strada,

lo farei, senza la minima difficoltà.

Fintanto che niente cambi,

avere gli occhi chiusi non fa’ alcuna differenza.

 

Perché in questa stanza

so’ come tutto appare.

Chi sono io?

Questa domanda – chiesta così spesso – suggerisce che esiste una sola risposta plausibile.

Le persone che fanno questo tipo di domande sono in genere alle prese con la loro identità e sono alla ricerca di un senso profondo di se stessi.

L’ironia è che più cerco di identificare chi sono, più fragile mi sento nei miei stessi confronti.

Perchè non posso cambiare? Perchè definirmi in modo immutabile per il resto della mia vita, impedendomi così di migliorare?

Rispondendo quindi alla domanda; io sono chi ieri non ero, sono chi domani non sarò e sono chi ora sono.