Spesso i miei amici più stretti mi prendono in giro perché, di tanto in tanto, mi balenano in testa idee strampalate. Una di queste, forse la più singolare, mi è venuta dopo aver visto un documentario sui Queen: il chitarrista Brian May spiegava come aveva costruito personalmente con l’aiuto del padre la sua chitarra elettrica. E fu lì che pensai: mah, perché non potrei farlo anche io? E così feci.
Proposi l’idea a mio papà, lui all’inizio fu esitante ma alla fine non si tirò indietro. Mi presi circa un mese per raccogliere più informazioni possibili in modo da progettare lo strumento perfetto. D’altronde, se dovevo intraprendere un’impresa del genere, tanto valeva farla proprio come la volevo. Uso questo colore o quest’altro? La forma la voglio più simile a questa o a quella? Una volta deciso ogni particolare e dopo aver procurato tutto ciò che serviva arrivò la parte difficile: iniziare la realizzazione della chitarra. Io e mio padre usammo tutti i ritagli di tempo che avevamo a disposizione e finalmente, dopo quattro mesi, il progetto poté dirsi compiuto.
Arrivati a questo punto, il lettore si sarà forse già chiesto il perché di questo racconto e cosa c’entri con una presentazione di sé stessi. Ritengo che a suo modo questo aneddoto dica molto di me. Parla delle inusuali idee che a volte mi vengono. Parla di quanta energia e quanto tempo dedichi a pianificare prima di agire, se si tratta di cose importanti. Parla della mia ossessione maniacale per i dettagli (anche quelli che nessuno oltre a me noterebbe). Parla di quanto mi piaccia curare un progetto dall’inizio alla fine, sia che riguardi la costruzione di una chitarra, un manifesto grafico o un montaggio video. Insomma: quella chitarra parla di me.